se come credo in realtà, la corrente di cui si parla non è
fuori di noi ma in noi stessi, forse
retaggio di vecchie paure che oggi più che mai tornano attuali, a quale parte di noi stessi andiamo contro? e
per quale motivo? per cambiare? per creare un vuoto? e cosa ce ne facciamo di
questo vuoto?? forse può aiutare a conoscere l’altro da noi? spesso ho parlato
e sentito parlare di spazi aperti ma nella realtà questo non avviene mai, vuoi
per la tempistica, vuoi per questioni ‘politiche’ o di ‘riconoscimento’ che
serve per consolidare la propria identità con chi ci riconosciamo o dai quali vorremmo essere riconosciuti. smetterei di parlarne e invece inizierei a
parlare di spazio Reale. imparare a lasciare veramente spazio allo
‘sconosciuto’ non è cosa facile e ancora di più al conosciuto non riconosciuto,
un po' perché questo ci trasforma in esseri indifesi e vulnerabili senza punti
di riferimento. e se fossimo vulnerabili tutti insieme, cosa accadrebbe?? sarebbe una novità se
approcciandoci al festival provassimo tutti a ‘spogliarci’ della nostra parte
d’identità che consideriamo in ‘corrente’ e che in realtà l’opera fosse proprio quella, chissà che invece di essere
controcorrente non ci troviamo tutti in una nuova Korrente. vorrei ringraziare , come spettatrice chi in questa edizione si è preso la
responsabilità di esporsi attraverso il proprio lavoro e accolgo l’offerta del
baratto.
Leda Sacchetti
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