Tuesday 17 December 2013

FOCUS > sull'intervista a T.B.


cara paola,

ho postato l'intervista di bernhard perche è sincera, perché comunque tratta la questione di rapporto arte-denaro, perché contempla, anche se in modo provocatorio, soluzioni radicali - ma sopratutto perché dietro le parole ci sta uno con il proprio esempio. insomma mette il dito nella piaga. vero che contiene anche una deriva pericolosa - quella di commercializzazione dell'arte - ma qui forse c'è un equivoco? 
bernhard critica il sistema (austriaco) di sussidi di stato, che sono distribuiti in base ai criteri dubbiosi, e che crea un arte docile, confezionata, atrofizzata. però tutti finanziamenti pubblici destinati all'arte non sono altro che sussidi allargati alle compagnie, festival e teatri, cioè alle istituzioni culturali. è vero che in italia manchino i sussidi per artisti singoli, ma ci sono (spesso pochi ma a volte anche ingenti) i finanziamenti pubblici con cui campano tante illustri companie-istituzioni di regola blindate e gestite con una logica squisitamente privata (per non dire mafiosa). allora il problema è fondamentalmente lo stesso. il fato è che esiste un forte vincolo economico che fa si che da una parte chi gode del sopporto statle comunque (anche quando apparentemente lo "critica") opera in funzione del sistema, per l'interesse del sistema, e dall'altra si blinda (adotta una logica operativa mafiosa) per preservare la posizione di forza acquisita grazie al sopporto ricevuto. 
allora come uscire dal circolo vizioso? tagliando sussidi/finanziamenti pubblici (quello che si augura bernhard)?. rischio commercializzazione? non lo so. cosa uno intende come commercializzazione? si riferisce ai contenuti - mainstreamizzazione d'arte (zelig, disney e simili) oppure al fenomeno della comodificazione dell'arte in quanto un prodotto di lusso? non riguardano i stessi campi anche se sono fenomeni legati. anzi. la prima riguarda un mercato di industrie creative (cinema blockbuster, serie tv, video giochi, design, moda, etc) - insomma l'arte applicata. l'altra riguarda il (vero) mercato d'Arte che non veicola di sicuro contenuti tipo zelig e simili ma ben altro (qualche giorno fa è stato venduto un trittico di Bacon per 142 milioni !?!). è super elitista, certo, riguarda 1% di super ricconi - ma esiste. bernhard non dice altro che: sei artista, sei bravo, benone allora vai a misurarti con il mercato (d'Arte), vediamo a quanto riesci a far valere/vendere la tua opera - invece di succhiare i sussidi pubblici trasformandoti in un burocrate d'arte obsoleto che per forza non sovverte il sistema ma lavora per esso. lo stesso vale per le compagnie/teatri/musei etc - nel senso delle varie "direzioni artistiche" di questi - siete bravi? allora misuratevi col mercato... invece di campare con i soldi pubblici utilizzandoli in modo non-trasparente, sfruttando uni, escludendo altri, operando solo e unicamente nel vostro proprio interesse economico e per la vostra propria immagine. 

dunque visto che il sistema di finanziamenti pubblici è diventato così opaco, esclusivo e obsoleto allora forse è meglio tagliare corto - andate e sbrogliatevi da soli se siete così bravi, se sono soldi che cercate, se volete successo, potere - cioè fatte quello che c. vi pare ma a spese vostre non a spese di tutti. e poì tagliando i finnaziamenti pubblici non ci sara più la concorenza sleale - tutti uguali davanti al mercato - clara pacta boni amici !

ovviamente io mi auguro che esista possibilità per fare un altra arte - non soggetta alla logica del mercato dell'industria creativa e nemmeno a quella del mercato d'arte dell'élite - un arte veramente svincolata da vari interessi ideologico-economici, un arte che sia il veicolo per la trasformazione sociale e personale (perché inseparabili), un arte di cui mezzi di produzione e distribuzione sono nelle mani di tutti, senza filtri ne mediazioni ne manipolazioni. ovviamente per rendere una tale arte materialmente possibile si pone la questione dei fondi. oppure uno è ricco di famiglia (o fortunato di trovare uno mecenate illuminato) e se la può premettere senza scendere ai compromessi del mercato/sistema - ma lì si parla di pochi e non di tutti - oppure si riapre (giustamente) la questione delle risorse pubbliche. e come l'acqua in quell'ambito è avvelenata si pone per forza la questione del risettamento - azzeramento - bisogna riformare strutturalmente il sistema di finanziamenti pubblici! non può più essere gestito da pochi nel interesse di pochi - con scusa che non ci sono risorse per tutti - perché è così che funziona (e si dice) nel dominio privato! ma risettare non è evidente perché il bene pubblico e quello privato sono sempre più sovrapposti - risorse pubbliche essendo scippate da interessi privati - ed e difficile riformare un sistema senza confrontarsi con l'altro. insomma situazione complessa, difficile, apparentemente senza uscita - la crisi appunto. 

allora sono e non sono d'accordo con bernhard. si concorda sul fatto che il sistema di sovvenzioni pubbliche per l'arte è seriamente compromesso e necessita di una soluzione radicale. lui tifa per l'abolizione tout court, dunque tutti sul mercato e buona fortuna - io mi auguro una riforma sostanziale che farà alternativa sia al sistema attuale sia al mercato. ma nel frattempo, finche non si realizzi la riforma, io sposerei volentieri la proposta di bernhard e chiuderei i rubinetti a quelli che hanno usurpato le risorse pubbliche! non come una soluzione permanente ma come uno stato d'eccezione - perché la situazione è veramente critica (si mi rendo conto che è una soluzione un po' bolscevica ma...).

intanto bisogna fare qualcosa subito, sperimentare modelli diversi qui e adesso - un'azione possibile è occupazione, autorganizzazione e autofinanziamento come fanno macao, valle, teatro coppola, etc. FACK invece sperimenta un modello di "occupazione" temporanea, transitoria, il suo autofinanziamento non è basato sul commercio (il bar, quota partecipazione, le sedie comprate poi rivendute, etc) ma sulla gratuita, sul dono appunto - non è evidente lo so... si, lascia sempre qualcuno fuori perché nella situazione economica precaria, ma almeno cambia un po' regole di gioco, fa circolare aria più liberamente, scardina certi meccanismi obsoleti... è una ricerca insomma.

un abbraccio
branko